Salvato dalle carceri brasiliane
La Corte dice no all'estradizione

Per il momento non sarà rinchiuso nelle carceri brasiliane, dove c’è pericolo di subire violazioni dei diritti fondamentali della persona. Lo ha deciso la Corte d’Appello di Brescia, che, accogliendo la richiesta dei legali cremonesi Carlo Alquati e Franco Antonioli, ha detto no alla estradizione in Brasile per un cittadino brasiliano colpito da un mandato di arresto emesso dall’autorità brasiliana perché condannato dal tribunale di San Paolo alla pena di 8 anni e 2 mesi di reclusione.
L’uomo, 36 anni era accusato di violenza sessuale e lesioni, reati commessi nell’agosto 2018 in Brasile ai danni della sorella di sua moglie. Accuse che l’imputato ha sempre negato con forza, sostenuto dalla moglie. La coppia è in procinto di avere un bambino. Nell’emettere la sentenza, i giudici gli hanno revocato la misura degli arresti domiciliari.

Nel novembre scorso l’uomo, che ora è libero, era stato rintracciato a Gabbioneta Binanuova dove vive con la sua compagna in un appartamento e lavora alle dipendenze di una ditta di una provincia limitrofa. Finito in manette, era stato messo a disposizione dell’autorità giudiziaria che doveva decidere se accogliere o meno la richiesta di estradizione del Brasile.
Il 36enne, come hanno spiegato i suoi legali, che si sono avvalsi della collaborazione di un importante studio legale brasiliano, “è in Italia da un anno e mezzo, è ben inserito, e nel suo lavoro è molto stimato”. Alla Corte d’Appello di Brescia, i legali della difesa hanno depositato una corposa documentazione che attesta la situazione del sistema carcerario in Brasile, con condizioni di detenzione “pericolose e crudeli e contro i principi fondamentali dei diritti umani“.

Se il 36enne fosse finito in un carcere brasiliano, a detta dei legali, “sarebbe stato maggiormente esposto anche a pericolo di vita, visto che era accusato di reati sessuali, e in quelle carceri il codice di condotta interno per questi tipi di reati è tra i più ripugnanti”.
Mentre aspettavano la sentenza, l’imputato e la moglie, molto religiosi, hanno pregato con in mano un rosario. Entrambi si sono trasferiti in Italia per dare un futuro migliore alla propria famiglia. In Brasile, intanto, è stata chiesta la “revisau criminau“, la revisione del processo.
“La Corte non doveva giudicare sulla colpevolezza del nostro assistito”, hanno spiegato i legali. Ora, sull’estradizione, il procuratore generale in Italia potrebbe impugnare la decisione e il Brasile potrebbe decidere di ricorrere in Cassazione contro la sentenza di Brescia.
Sara Pizzorni