Cronaca

Don Samarini, ultimo saluto
Comunità commossa

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L'ultimo saluto a don Pietro Samarini (foto StudioB12)

Non basta questa chiesa a contenere non solo le persone, ma anche gli affetti, i ricordi che ci legano“: con queste parole il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, ha aperto la messa funebre di don Pietro Samarini, celebrata sabato mattina nella parrocchiale di Borgo Loreto, gremita da fedeli, sacerdoti, autorità, giovani e anche scout.

Don Pietro, 68 anni, originario di Genivolta, era vicario zonale della Zona pastorale 3 e moderatore dell’Unità pastorale “Madre di Speranza”, che riunisce le parrocchie di San Bernardo, Borgo Loreto, Zaist e Maristella. È deceduto mercoledì, stroncato da un malore improvviso durante un’escursione sulle Alpi Orobie.

Figura amata e guida spirituale per generazioni, è stato ricordato con profonda commozione da tutta la comunità. Presenti il vescovo emerito Dante Lafranconi, il vicario generale don Massimo Calvi, i sacerdoti della parrocchia e numerosi confratelli, tra cui quelli con cui era stato ordinato. Presenti anche diversi sindaci del territorio tra cui quello di Cremona Andrea Virgilio e autorità civili.

Particolarmente toccante il riferimento all’assenza di don Giuseppe Valerio, amico fraterno di don Pietro, rimasto al campo con i ragazzi. Una scelta consapevole, come ha spiegato lo stesso vescovo durante l’omelia, rivelando che poco prima del malore don Pietro aveva scritto a don Giuseppe, complimentandosi per una foto ricevuta che lo ritraeva in passeggiata con i ragazzi: “Meraviglioso, vai avanti così”. “E così ha fatto don Giuseppe, è con i suoi ragazzi – ha sottolineato Napolioni – perché questo è il modo in cui Don Pietro ha sempre vissuto e insegnato”.

Il vescovo ha poi aggiunto: “Dicono che il cuore di don Pietro non abbia retto. Io credo che, al di là delle ragioni fisiche, quel ‘meraviglioso’ che lui ha scritto, fosse anche per ciò che stava vivendo: era troppo bello, lo stupore della natura che tanto amava, troppo pieno quel momento, e il suo cuore ha ceduto“.

Al termine della celebrazione, il feretro è stato trasferito a Genivolta, il suo paese natale, dove don Pietro riposerà nel cimitero locale, accompagnato dall’affetto della sua gente e dall’eredità spirituale lasciata a chi ha avuto il privilegio di conoscerlo.

Presente anche il sindaco di Cremona Andrea Virgilio che a don Pietro e al suo funerale ha dedicato una riflessione sui social: “Oggi salutare Don Pietro è stato come voltarsi indietro… ma vedere in avanti. Perché nella sua storia, nella sua fede, ci accorgiamo che sono tante le cose che restano. E che parlano ancora. La sua esperienza non è solo un ricordo: è una direzione, una possibilità concreta di costruire futuro” scrive il primo cittadino di Cremona “Essere parroco oggi significa spesso camminare da soli. Non esistono più le terre di Guareschi, con le comunità vive che si parlano e si confrontano, anche con forza, che in qualche modo ti tengono a galla grazie al loro fermento. Oggi è molto più difficile, servono pazienza, cura, tenacia per ricostruire legami, per ricucire relazioni. Don Pietro ha fatto proprio questo: ha camminato controvento, senza clamore, tenendo insieme persone, storie, fragilità. Lo ha fatto con la forza tranquilla della sua fede, con mani operose e cuore attento”.

Infine Virgilio ha concluso: “E oggi lo abbiamo visto chiaramente. Nei volti sinceri di chi gli ha voluto bene, nei sindaci che lo hanno conosciuto sul territorio, nei giovani – molti cresciuti accanto a lui – che lo hanno salutato con rispetto e affetto. Chi ha vissuto anche solo un pezzo della propria infanzia o adolescenza in oratorio sa quanto tutto questo lasci il segno. Le partite infinite a pallone, le preghiere semplici, i grest, le vacanze in montagna, le canzoni cantate insieme, le prime responsabilità prese sul serio. E la bellezza di quelle esperienze è che ognuno si è portato a casa qualcosa: amicizie, episodi, esempi, relazioni. Tesori semplici, ma duraturi. È da lì che nasce, oggi, la gratitudine. Non di circostanza, ma reale.Don Pietro ha scelto ogni giorno di esserci. Anche quando era più difficile. Ha creduto nell’incontro, nell’ascolto, nella pazienza delle piccole cose. E attorno a lui, oggi, c’era una comunità viva. Senza volerlo insegnare, ci ha insegnato qualcosa di essenziale: che ciò che conta davvero non fa rumore, ma resta. E che non si è mai davvero soli, se si continua ad amare”.

Eleonora Busi

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