Maltrattamenti: 51enne resta
in carcere. "Accuse granitiche"
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“Granitico e convergente” il quadro accusatorio nei confronti del 51enne italiano, di professione consulente aziendale, arrestato lo scorso 25 novembre, nel giorno contro la violenza sulle donne, per aver maltrattato la propria compagna con cui convive dal 2020. Lo scrive il gip che dopo l’interrogatorio in carcere di ieri ha confermato la misura cautelare.
La vittima, scrive il giudice nella motivazione, ha riferito “circostanze precise e concordanti” in ordine ad una condotta di maltrattamenti perdurante, iniziata nell’agosto del 2024 e culminata nell’episodio del 25 novembre. Per il giudice, “non un mero litigio occasionale”, come sostenuto dalla difesa, “ma un sistema di sopraffazione radicato“. A sua discolpa, l’uomo ha detto di aver dato alla compagna sostegno e aiuto, accogliendola in casa in assenza di alternative abitative, offrendole un impiego presso la propria attività e un supporto economico. Per il giudice, “sintomi di una matrice proprietaria e controllante della relazione: il benefattore che a fronte della presunta ingratitudine o instabilità della donna si sente legittimato alla violenza“.
Nonostante i vari allontanamenti da casa della vittima, “i periodi di convivenza risultano rilevanti e accompagnati, pur in un contesto di una relazione definita ‘tossica’, da intenzioni di supporto e aiuto, seppur collegati ad agiti violenti e vessatori verso la donna“. Quattro gli episodi citati nella motivazione: nell’agosto del 2024 la vittima ha riferito di essere stata colpita con un pugno al naso; in autunno, invece, era stata scaraventata fuori dall’auto in corsa. “Episodio di inaudita violenza“, quello accaduto il 31 dicembre del 2024, quando l’uomo ha colpito la compagna al volto, provocandole contusioni per una prognosi di dieci giorni. E poi l’ultimo, del 25 novembre, giorno dell’arresto.
Per il giudice, le continue alternanze di denunce e ritrattazioni da parte di lei, “lungi dal minarne l’attendibilità, costituisce plastica dimostrazione dello stato di soggezione psicologica in cui la stessa versa, tipico delle donne vittime di violenza domestica, che illudendosi di un cambiamento del partner o temendo ritorsioni, ritirano le accuse.
L’indagato, con “personalità refrattaria a qualsiasi forma di autocontrollo“, tanto che ha inveito contro la vittima anche alla presenza delle forze dell’ordine, resta in carcere. Il giudice ha riscontrato pericolo di reiterazione del reato e una pericolosità sociale dell’indagato che non può essere contenuta da misure blande”.
Sara Pizzorni