Cronaca

Affari illeciti: illegittimi gli impedimenti per covid, tranne uno. Slitta il processo al 'boss'

Nelle foto, alcuni degli arrestati nel 2015 durante l’operazione delle Questure di Cremona e Brescia con il coordinamento dalla procura di Cremona

Dei dieci imputati, in aula non c’era nessuno. Solo due gli avvocati presenti. Gli altri hanno presentato giustifiche legate all’emergenza covid, ma il collegio dei giudici le ha ritenute ‘illegittime’. ‘Giustificato’ un solo imputato, residente a Brescia, impossibilitato ad essere presente in quanto in quarantena fiduciaria per covid. Per questo motivo la sentenza del processo al ‘boss’ Giovanni Iannone e ad altri nove imputati è slittata a febbraio, con sospensione del termine della prescrizione. C’era tutta l’intenzione di emettere la decisione, oggi, nell’aula penale del tribunale di Cremona. Il problema è che non si è presentato quasi nessuno. Uno dei legali  è di Lagonegro, in provincia di Potenza, in Basilicata, e quindi zona rossa. A suo dire non poteva spostarsi, mentre invece per motivi di lavoro gli spostamenti sono giustificati. Persino un imputato che risiede e lavora in Germania avrebbe potuto essere presente in quanto l’ingresso in Italia, così come ricordato dai giudici, non prevede la quarantena. Un altro imputato che soffre di patologie certificate dal medico ha ritenuto “inopportuno” uscire di casa. Il procedimento sarebbe arrivato a sentenza se non fosse stato per l’unico caso giustificato di quarantena fiduciaria. E per dare l’opportunità all’imputato di poter assistere, così come vuole la legge, l’udienza è stata aggiornata a febbraio.

Secondo l’accusa, gli imputati sarebbero coinvolti in attività illecite legate principalmente a truffa, appropriazione indebita, bancarotta fraudolenta e riciclaggio attraverso società edili e di movimento terra. L’operazione cremonese su edilizia, illeciti e legami con la ‘ndrangheta era culminata nell’aprile del 2015 e aveva portato all’arresto di dodici persone, tra cui il presunto capo dell’intero sodalizio, Giovanni Iannone, 60 anni, originario di Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone, difeso dall’avvocato cremonese Raffaella Parisi, uno dei legali presenti. A processo ci sono anche Antonio Del Ponte, Stefan Dragos Babei, Lorenzo Pisaroni, Oscar Bertini, Artjan Bylyku, Giuseppe Cardinale, Mattia Confortini, Walter Mair e Rosario Montelione. L’accusa è quella di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, all’appropriazione indebita, al riciclaggio, al falso documentale, al trasferimento fraudolento di valori, ad atti estorsivi, a distrazione di beni, a dichiarazione fraudolenta con fatture per operazioni inesistenti. Già condannati, invece, Antonio Iannone, crotonese, il figlio di Giovanni, e Carlo Iannone, fratello di Giovanni. Antonio e Carlo erano già stati processati con il rito abbreviato e condannati, Antonio a due anni e sei mesi, e Carlo a sei mesi. Molti episodi erano caduti in prescrizione. Antonio era stato condannato per un episodio di bancarotta fraudolenta, mentre Carlo per una truffa.

Il quadro accusatorio ruota attorno all’appropriazione illegale di mezzi da lavoro noleggiati o in leasing attraverso società del settore (aperte o acquisite quando in difficoltà) e prestanome. I mezzi, i cui valori potevano arrivare a 100-200mila euro, finivano a ricettatori italiani e stranieri e prendevano in particolare le vie dell’Albania e della Libia. Ne sarebbero spariti a decine. Un’indagine complessa e lunga, fatta di intercettazioni telefoniche e ambientali, di pedinamenti e di appostamenti. Emersi anche metodi violenti nella gestione delle società, ad esempio nella riscossione di crediti. Secondo quanto ricostruito, le società venivano spolpate e utilizzate per propositi criminali prima di fallimenti pilotati. Nel corso dell’indagine è stato possibile ricondurre all’organizzazione, nel complesso, otto società, tutte operanti nel settore del movimento terra e attualmente dichiarate fallite. Le investigazioni hanno inoltre documentato rapporti tra il sodalizio di Cremona e alcuni personaggi legati alla ‘ndrangheta del Crotonese, tra cui Francesco Lamanna, ritenuto il referente nel Cremonese della cosca Grande Aracri di Cutro. Il sospetto è che una parte dei mezzi sottratti sia stata dirottata nel cutrese.

Sara Pizzorni

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