Cronaca

A giudizio il "dominus" delle
truffe online Marco Melega

Nella foto, Marco Melega e la procura di Cremona

Un incastro di società affidate a prestanome, una vorticosa movimentazione di conti, giri di denaro tra le varie società. Tutto, secondo l’accusa, con l’obiettivo di mettere a segno delle truffe. Per i reati di associazione a delinquere finalizzata alle truffe online, frode fiscale e riciclaggio, è finito a processo l’imprenditore cremonese Marco Melega, 50 anni, residente a Padenghe sul Garda, coinvolto insieme ad altre persone nell’operazione della guardia di finanza di Cremona chiamata “Doppio click”. Ora uomo libero, Melega, produttore discografico, esperto di marketing, fondatore della moneta complementare, era finito in carcere a luglio del 2019. Dopo qualche giorno gli erano stati concessi i domiciliari, ma poi era tornato in carcere in quanto, nonostante fosse ristretto ai domiciliari, aveva proseguito la sua attività illecita ad indagine ancora in corso. Dietro le sbarre era stato da settembre del 2019 al gennaio del 2020.

Oggi, davanti al collegio dei giudici, ha testimoniato il maresciallo capo della guardia di finanza di Cremona Luigi Bencivenga, che in una deposizione “fiume” ha illustrato tutta la maxi indagine che ha riguardato Melega e altre 14 persone, la maggior parte delle quali ha già patteggiato in sede di udienza preliminare. I reati fiscali sarebbero stati commessi tra il 2015 e il 2019.

I finanzieri, come ha spiegato Bencivenga, “hanno seguito i soldi” e, tramite accertamenti bancari, conti correnti, documentazione contabile, mail, messaggi, sono arrivati a colui che è stato ritenuto il vero e proprio “dominus”: “Era Melega”, ha spiegato in aula il maresciallo capo, “che dettava le disposizioni, era Melega che riceveva i soldi delle società ed era l’unico ad avere in mano tutte le situazioni sui conti correnti”.

Per l’accusa, rappresentata dal pm Chiara Treballi, il gruppo capeggiato da Melega si avvaleva di diversi prestanome e società “cartiere” e aveva messo in piedi un meccanismo finalizzato a riciclare a proprio vantaggio il denaro illecitamente accumulato attraverso le truffe online. Il sistema escogitato riguardava la vendita attraverso siti e.commerce di vini, buoni carburante e prodotti elettronici a prezzi concorrenziali, facendo pubblicità su emittenti radio e tv nazionali. In realtà le società che proponevano l’affare non avevano la merce e nulla veniva inviato.

Le somme ricevute sui conti correnti delle società utilizzate per le truffe, intestate a prestanome, erano trasferite ad altre, simulando operazioni mai effettuate e quindi incassate sotto forma di stipendi, pagamenti di consulenze, anticipazioni di utili, tutti a favore degli organizzatori dell’associazione per delinquere.

Nei confronti di Melega e delle altre persone coinvolte era stato effettuato un sequestro di beni per oltre 72 milioni di euro, tra Italia, Belgio, Germania, Bulgaria e Svezia. Yacht, auto da corsa, case, terreni e gioielli, il tesoro accumulato dall’imprenditore cremonese, acquistato con i proventi di truffe, evasione fiscale e riciclaggio. La finanza aveva analizzato oltre 50mila movimentazioni bancarie e finanziarie. L’indagine aveva consentito di accertare un’evasione dell’Iva per più di 44 milioni, un utilizzo di emissioni di fatture per operazioni inesistenti per oltre 120 milioni e delle indebite compensazioni scaturite da crediti di imposta in realtà inesistenti per 3,7 milioni di euro.

L’udienza è stata aggiornata al prossimo 17 ottobre. 30 i testimoni che il pm ha intenzione di sentire nel corso del procedimento.

Sara Pizzorni

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