Cronaca

Falsi atti giudiziari: condannato
l'avvocato Andrea Guizzardi

L'avvocato Guizzardi e il suo difensore nel 2019

Sentenza di condanna per l’avvocato cremonese Andrea Guizzardi, finito ancora a processo per aver falsificato, tra il 2018 e il 2020, atti giudiziari, firme di giudici e di cancellieri del tribunale di Cremona e del palazzo di giustizia di Milano. Il giudice lo ha condannato ad una pena di due anni e nove mesi di reclusione, con l’interdizione dall’esercizio della professione per la stessa durata della pena. Per l’imputato, difeso dall’avvocato Elisabetta Grandi, il pm onorario Silvia Manfredi aveva chiesto una pena di tre anni e dieci mesi. Era anche contestato il reato di patrocinio infedele.

L’indagine su Guizzardi, avvocato con la passione per la scrittura, con all’attivo romanzi e diversi premi letterari vinti, risale al luglio del 2019, in seguito ad una denuncia presentata contro ignoti in procura a Cremona da una donna. In una causa civile per sfratto, la controparte le aveva prodotto una sentenza del tribunale di Cremona che le sembrava falsa.

A dicembre del 2020 gli agenti della Mobile avevano eseguito nello studio di Guizzardi una perquisizione domiciliare e una informatica, trovando nel suo computer, contenute in un documento word, intestazioni fittizie del tribunale di Cremona, le firme false delle toghe e dei cancellieri cremonesi e milanesi, decine di atti giudiziari, tra cui sentenze civili, atti di pignoramento, decreti ingiuntivi e, persino, i verbali di sommarie informazioni testimoniali.

Tutto materiale falso confezionato da Guizzardi, così come lo stemma della Repubblica italiana. Gli inquirenti, che avevano sentito le vittime, e cioè i clienti di Guizzardi, convinti di aver vinto le cause e di conseguenza in attesa del risarcimento dei danni, ritengono che il “modus operandi” dell’avvocato fosse finalizzato al pagamento delle parcelle per le cause vinte.

Secondo l’accusa, Guizzardi, in qualità di avvocato, redigendo atti giudiziari falsi che consegnava ai propri assistiti, si sarebbe reso infedele ai propri doveri professionali, arrecando danno alle parti da lui assistite davanti all’autorità giudiziaria, rassicurandole sul buon andamento delle cause da lui patrocinate, quando in realtà tali cause non sarebbero state instaurate o comunque avrebbero avuto un decorso completamente diverso rispetto a quanto prospettato dal legale.

Nella sua requisitoria, il pm onorario ha sottolineato il fatto che i clienti erano tutte “persone non avvezze al sistema giudiziario“, e che quindi non avrebbero potuto riconoscere che gli atti non erano originali. “Si sono fidati del loro legale”. Anche la Cassazione, che a suo tempo si era espressa contro il ricorso di Guizzardi, aveva considerato gli atti “dotati di requisiti formali che un normale cittadino, in buona fede e privo di nozioni giuridiche, poteva credere conformi agli originali”.

Una delle sentenze di Cremona, per esempio, riportava “l’intestazione Repubblica italiana in nome del popolo italiano, la concisa esposizione delle ragioni di fatto e diritto, la sottoscrizione del giudice vergata a penna, così come i provvedimenti che recavano l’intestazione ‘ordinanza’, oltre all’indicazione di un numero di procedimento e la sottoscrizione a penna del giudice; anche un altro provvedimento recava l’emblema della Repubblica, l’intestazione Tribunale Ordinario e la sottoscrizione del giudice vergata a penna”. Inoltre “tutti i provvedimenti risultavano emessi da magistrati effettivamente in servizio presso i tribunali in intestazione”.

Massimiliano e Maria sono gli ultimi testimoni ad essere stati sentiti. I due convivevano in un appartamento in affitto a Cremona, e avevano una controversia con la proprietaria. “La caldaia non funzionava”, aveva spiegato Maria, “e non veniva nessuno ad aggiustarla. Così abbiamo deciso di non pagare due affitti. E per far causa alla padrona di casa ci siamo rivolti a Guizzardi“.

La causa era andata avanti per circa un anno. “Quando lo abbiamo sentito”, aveva ricordato la coppia, “ci ha detto che avevamo vinto, ci ha mostrato gli atti e ci ha consegnato in una busta il risarcimento. Erano duemila euro in contanti. Noi ci siamo fidati“.

Nel frattempo i due conviventi erano stati convocati in Questura che aveva in corso l’indagine su Guizzardi e lì avevano scoperto che l’atto della sentenza a loro favore era falsa. “Lo abbiamo chiamato al telefono davanti all’ispettore”, aveva raccontato Maria, “e lui ha detto che non era vero e che sarebbe stato meglio parlarne nel suo studio”. In realtà Massimiliano e Maria avevano perso la causa contro la padrona di casa, essendo stati condannati a versarle circa 13.000 euro tra gli affitti non pagati e le spese legali”.

Guizzardi non è nuovo a questo tipo di contestazioni: nei suoi confronti il gip aveva applicato la misura cautelare interdittiva del divieto di esercitare la professione per un anno. Il 30 ottobre del 2019 l’avvocato-scrittore era finito a processo per aver confezionato una sentenza falsa per intascarsi mille euro. Il pm aveva chiesto un anno di reclusione, ma l’imputato era stato assolto da entrambe le accuse di falso e di appropriazione indebita (per quest’ultimo reato l’azione penale non doveva essere proseguita per difetto di querela). “Non andavo a rovinarmi la vita per mille euro”, aveva commentato Guizzardi dopo la lettura della sentenza.

Nel maggio del 2021 il secondo procedimento penale, anch’esso terminato con un’assoluzione. In questo caso Guizzardi era accusato di falso e tentata truffa per aver contraffatto un decreto ingiuntivo e un atto di pignoramento. “Una mera copia fotostatica priva dei requisiti di forma e di sostanza capaci di farla sembrare un provvedimento originale”, aveva sostenuto il suo difensore. E il giudice gli aveva dato ragione. Stavolta, però, è arrivata la condanna. La motivazione sarà depositata entro 90 giorni.

Sara Pizzorni

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