Dazi USA: una minaccia da 11 miliardi per il Made in Italy e le PMI

Confartigianato lancia l’allarme: “Serve un’azione forte del Governo per difendere il nostro export”

Il 2025 si apre con una nuova ombra sulle prospettive economiche dell’Italia: la minaccia di nuovi dazi sulle merci europee da parte dell’amministrazione Trump. Se le ipotesi avanzate dovessero concretizzarsi, con tariffe aggiuntive del 10% o addirittura del 20%, l’export italiano verso gli Stati Uniti potrebbe subire un tracollo fino al 16,8%, traducendosi in una perdita di oltre 11 miliardi di euro. Un colpo durissimo per un settore, quello manifatturiero e artigianale, che ha costruito il proprio successo sulla qualità e sulla riconoscibilità del Made in Italy.

Gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato di sbocco per l’Italia, subito dopo la Germania, con un valore dell’export che nel 2024 ha raggiunto i 66,4 miliardi di euro, pari al 10,7% del totale nazionale. Nel quinquennio 2018-2023, le esportazioni italiane verso gli USA sono aumentate di un impressionante +58,6%, con settori chiave come il farmaceutico (+19,5%), l’alimentare e le bevande (+18%), gli apparecchi elettrici (+12,1%) e i macchinari (+3,7%) a trainare la crescita​.

“Le nostre imprese artigiane e le PMI, che con grande impegno esportano la qualità del Made in Italy nel mondo, rischiano di subire un duro contraccolpo”

Stefano Trabucchi, Presidente di Confartigianato Cremona

A pagare il prezzo più alto delle politiche protezionistiche americane sarebbero i comparti a maggiore vocazione artigianale. In particolare, il settore moda e accessori, mobili, legno, metalli, gioielleria e occhialeria, che nel 2024 ha esportato verso gli USA merci per un valore complessivo di 17,9 miliardi di euro, con una crescita del +3,9% nei primi nove mesi dell’anno​.

Alcuni comparti avevano registrato incrementi di vendita particolarmente significativi: l’alimentare (+24,1%), il legno (+6,4%), i mobili (+4,2%) e l’abbigliamento (+3,5%). L’introduzione di dazi rischia di azzerare questi progressi e di mettere in difficoltà migliaia di imprese, soprattutto micro e PMI, che costituiscono la colonna portante dell’economia italiana​.

Le regioni più vulnerabili all’aumento delle barriere doganali USA sono quelle con la più alta quota di esportazioni verso gli Stati Uniti. Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana guidano questa classifica con rispettivamente 13,5 miliardi, 10,7 miliardi e 10,2 miliardi di euro di export annuo, seguite da Veneto (7,1 miliardi), Piemonte (5,1 miliardi) e Lazio (3,3 miliardi)​.

Milano si conferma la prima provincia esportatrice con 6,1 miliardi di euro, seguita da Firenze (5,7 miliardi), Modena (3,1 miliardi), Torino (2,7 miliardi), Bologna (2,6 miliardi) e Vicenza (2,2 miliardi). Per queste aree, un calo delle esportazioni significherebbe non solo la perdita di quote di mercato, ma anche pesanti ripercussioni occupazionali e produttive​.

Stefano Trabucchi, Presidente di Confartigianato Cremona

Stefano Trabucchi, Presidente di Confartigianato Cremona, esprime forte preoccupazione per le ripercussioni che i dazi USA potrebbero avere sulle imprese artigiane del territorio:
“Cremona e la Lombardia sono tra le aree più esposte agli effetti delle politiche protezionistiche statunitensi. Le nostre imprese artigiane e le PMI, che con grande impegno esportano la qualità del Made in Italy nel mondo, rischiano di subire un duro contraccolpo. Dai settori del legno-arredo alla metalmeccanica, passando per l’agroalimentare e la moda, il nostro tessuto produttivo locale dipende fortemente dall’export. Non possiamo permettere che queste misure danneggino anni di crescita e internazionalizzazione.”

Confartigianato chiede al Governo un intervento deciso per difendere le aziende italiane, in particolare una maggiore pressione diplomatica a livello UE per negoziare con Washington l’esclusione dei settori più esposti dai nuovi dazi, un sostegno finanziario e fiscale alle PMI che potrebbero subire contraccolpi diretti e un rafforzamento delle politiche di promozione del Made in Italy in mercati alternativi, per diversificare le destinazioni dell’export.

Trabucchi insiste sulla necessità di agire come Sistema Paese, unendo forze politiche, istituzioni e associazioni imprenditoriali per contrastare il rischio di una crisi dell’export. “Il Made in Italy è sinonimo di eccellenza, e la nostra migliore risposta a queste sfide è continuare a investire nella qualità e nell’innovazione. Ma le imprese non possono affrontare da sole questo scenario. Servono misure urgenti per ridurre il peso fiscale e burocratico, garantire un accesso più facile al credito e favorire investimenti che rafforzino la nostra presenza sui mercati esteri. Dobbiamo fare squadra, come Sistema Paese, per evitare che questa tempesta commerciale travolga le nostre aziende”. 

Se gli Stati Uniti confermassero i dazi, il rischio più grande sarebbe quello di innescare un effetto domino con altre economie che potrebbero rispondere con misure protezionistiche. L’Unione Europea sta già valutando possibili contromisure, ma uno scontro commerciale prolungato finirebbe per danneggiare tutte le economie coinvolte.

Per il tessuto imprenditoriale italiano, questo scenario rappresenterebbe un’ulteriore difficoltà in un contesto già complesso, tra crisi energetica, inflazione e sfide della transizione digitale e green. In questo quadro, la politica economica italiana dovrà giocare un ruolo chiave per mitigare i danni e favorire la competitività delle nostre imprese.

Il 2025 si prospetta come un anno decisivo per l’export italiano. La minaccia di nuovi dazi da parte dell’amministrazione Trump non è solo un rischio teorico, ma una sfida concreta che potrebbe costare miliardi al nostro sistema produttivo. Confartigianato lancia un messaggio chiaro: “È il momento di agire con determinazione per proteggere il Made in Italy e le nostre PMI. La qualità dei nostri prodotti resta un valore riconosciuto in tutto il mondo, ma va sostenuta con scelte politiche coraggiose e lungimiranti”.

Se l’Italia vuole difendere il suo ruolo di leader nel commercio internazionale, dovrà muoversi rapidamente e con una strategia ben definita. Perché la qualità, da sola, non basta: servono politiche efficaci, azioni concrete e un sostegno forte a chi ogni giorno porta il valore del Made in Italy nel mondo.