Patrimonio prosciugato: "Restituiti
i soldi investiti, nessuna truffa"

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Nessuna truffa milionaria alle due sorelle cremonesi Giordana e Marise Zanardi, 92 e 90 anni, ma solo una restituzione di soldi investiti. Questo il fulcro della difesa emerso dalle dichiarazioni di Cristina Pedrabissi, 57 anni, ex funzionaria della banca Credito Emiliano, accusata di aver raggirato le due anziane, entrambe di Casalbuttano, ospiti di Cremona Solidale e decedute nel 2020, a distanza di sei mesi l’una dall’altra.
A Casalbuttano, Marise aveva lavorato come ostetrica. L’anziana aveva un erede, che però era deceduto. A sua volta quest’ultimo aveva nominato suo erede Leonardo, imprenditore di Merlino. Giordana, vedova, che nel 2010 aveva perso il suo unico figlio Raffaele Ghisolfi, imprenditore morto a 55 anni, aveva nominato la compagna del figlio, Maria Rosa.
Per la procura, la Pedrabissi, dopo essere riuscita a guadagnare la fiducia delle due vittime, sole e in precarie condizioni di salute, le avrebbe raggirate, spolpando il loro patrimonio di oltre due milioni di euro nell’arco temporale di una decina di anni.
Nell’esame reso davanti ai giudici, l’imputata ha spiegato di aver conosciuto le sorelle e Raffaele Ghisolfi, figlio di Giordana, nel 1996, quando stavano trasferendo le proprie disponibilità presso il Credito Cooperativo, e di essersi incontrata con loro a casa di Marise per parlare di come investire il denaro. “Ghisolfi viaggiava molto per lavoro”, ha ricordato l’imputata, “ed era preparato finanziariamente.
I suoi erano investimenti caratterizzati da un grado di rischio abbastanza alto, mentre Giordana aveva un portafoglio più basso, con investimenti più cauti. Ricordo che da parte loro c’era una richiesta di privacy molto forte e che non volevano essere visti in banca per parlare dei loro risparmi. Raffaele era molto sicuro di sé, era un cliente non facile. Investiva anche per altre persone. All’epoca non sapevo chi fossero, diceva genericamente i ‘Merlini di Casalbuttano’“.
“Negli anni 2000 c’era un’euforia della Borsa“, ha spiegato la Pedrabissi, “e tutti volevano investire. Ma poi era arrivato un crollo gigantesco, e per Ghisolfi la perdita del capitale investito era stata molto più della metà. Successivamente Raffaele era stato colto da un ictus. Io ero stata chiamata dalla sua assistente che mi aveva chiesto di avvisare Giordana e Marise. Nel 2003 Raffaele era uscito dalla convalescenza ed era riuscito a recuperare il capitale perso“.
Secondo il racconto dell’imputata, alla morte di Raffale, deceduto nel 2010, il denaro era tornato nella disponibilità delle due sorelle che avevano fatto il modo di restituire i soldi al legittimo proprietario, e cioè a Giorgio Merlini, che aveva dato il suo denaro a Ghisolfi per gestirlo. Giorgio Merlini era il padre di Maurizio Merlini, che nel 2020 diventerà il marito della Pedrabissi. Anch’egli imputato nel procedimento, è deceduto lo scorso febbraio e nei suoi confronti è stata emessa sentenza di non luogo a procedere: i reati di riciclaggio e autoriciclaggio sono estinti per morte del reo. Dunque, per la Pedrabissi, quegli assegni e quei bonifici dal conto di Giordana a Maurizio Merlini per acquisti personali e arredi di lusso erano solo una restituzione dei soldi investiti.
Durante il suo esame, la Pedrabissi ha ricordato che Marise “era una solitaria”, mentre Giordana “era vispa e aveva intorno i vicini. Veniva nel mio ufficio e io andavo in cassa per lei. Si trattava di una cortesia che le facevo. Lei firmava la distinta, io la controfirmavo e poi le consegnavo le ricevute e il denaro. Lei inseriva le banconote in buste con i nomi dei vicini e di chi l’accompagnava a far spesa o alle visite. Marise, invece, quando era nella casa di riposo, mi diceva l’importo che le serviva e io glielo portavo. Nella Rsa voleva essere trattata bene“.
L’imputata ha sostenuto di non essere stata a conoscenza del fatto che Marise avesse sottoscritto polizze in favore di sua madre e ha attribuito il fatto ad un “legame affettivo” che si era creato con le due sorelle. Nel 2013 l’ex funzionaria aveva avuto un ictus, così come era successo a sua madre. Anche Ghisolfi, il figlio di Giordana, era stato colpito da ictus. “Quando sono stata male, Marise mi ha accudito per quasi un anno. C’era sensibilità, da parte loro, nei confronti della malattia. E poi dicevano che assomigliavo molto, anche nei modi di fare, alla loro terza sorella Yvonne“.
Nell’inchiesta, nata dagli esposti degli eredi delle due anziane e della Credem, la guardia di finanza aveva rilevato “movimentazioni bancarie anomale, anche in orari non consoni per le due anziane (una avrebbe fatto prelievi mentre era ricoverata) e spese fatte a nome della Pedrabissi e del marito, come mobili, arredamenti, orologi e gioielli“. Spese che, per la procura, non erano collegate alla vita delle due novantenni. “Dal 2012 al 2020”, ad esempio, come era stato riferito in aula, “sono stati contati 200 prelievi in contanti per la somma di 468.000 euro.
A processo, oltre ai coniugi Merlini, sono finite anche Carmen Bolzani, la madre della ex funzionaria di banca, Irene Bodini, la madre di Merlini e la figlia di lui, accusate di riciclaggio. Sono assistite dall’avvocato Paolo Bregalanti. Secondo le loro testimonianze, non erano a conoscenza delle movimentazioni sui loro conti. La Pedrabissi è difesa dagli avvocati Stefano Aterno e Ernesto Belisario di Roma, mentre parte civile si è costituito Leonardo, erede non diretto di Marise, assistito dall’avvocato Roberto Peccianti che ha chiamato in causa il Credem come responsabile civile. La banca è anche parte civile con l’avvocato Roberto Reggiani. L’erede di Giordana Zanardi, assistita dall’avvocato Federico Tresoldi, ha invece già intentato la causa civile alla banca e alla Pedrabissi.
Il procedimento è alle battute finali. Si torna in aula il 2 dicembre per sentire i testimoni della difesa.
Sara Pizzorni